Carlavé. Bicentenario Storico Carnevale di Ivrea

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Editore Bolognino editore
Anno dicembre 2007
Pagine 333
Formato 11,5 x18 cm
Isbn 978-88-95704-04-3
Riepilogo

Pietro Ramella

Bolognino editore/Consorzio Storico Carnevale di Ivrea/Centro Studi Canavesani

«2008. Sono passati duecento anni da quando in occasione del carnevale 1808 un solerte funzionario della Ville de Ivrée traccia le prime parole sul Libro dei processi verbali che, in seguito, raccoglierà tutti i momenti significativi della Festa. Ed è da questo suo gesto che il Carnevale di Ivrea può legittimamente fregiarsi dell’aggettivo di Storico e traghettare dalla tradizione, basata sulla credenza della sacralità del mito e del rito, alla Historia. Termine il cui significato etimologico altro non è che rendiconto, ossia la trascrizione degli eventi in modo cronologicamente concatenato e tale da diventare fonte autentica, attendibile e soprattutto univoca. Circostanza cui non era estranea l’accorta burocrazia napoleonica preoccupata dello spontaneismo rissoso dei carnevali popolari e che, in questo modo, può imbrigliare e codificare nell’ufficialità della parola scritta la trama di un racconto che nei secoli intrecciava il mito al rito insieme all’invenzione di una liturgia profonda. Da sempre nelle culture contadine chi legava la sua sopravvivenza alla terra e al giro quotidiano del sole presagiva l’incongruenza del tempo finito degli uomini con il tempo rinnovato della natura, così che il lungo confine tra la stagione invernale e quella primaverile era percepito come uno dei momenti più inquietanti dell’anno. Si cercava quindi di spezzare l’angoscia e rinnovare la speranza con l’eccesso e la licenza, riproponendo ogni anno una serie di pratiche simboliche che rimettevano in discussione le regole. Ai giovani era affidata la trasgressione carnevalesca: accompagnati da bande di suonatori di piffero e capeggiati da un Abbà Tutore del disordine presidiavano il rito della Zappata e, l’ultimo giorno di carnevale, l’abbruciamento dello Scarlo per assicurare attraverso la sacralità del fuoco la fertilità della Terra…».

La Presidente

Ottavia Mermoz

 

Momento singolare del Carnevale di Ivrea è lo scontro sullo piazze della città tra gli Arancer, denominato Battaglia delle arance. Prendono parte alla Battaglia oltre 4500 Aranceri a piedi, divisi in 9 squadre: Asso di Picche, Aranceri della morte, Gli scacchi, I Tuchini, Scorpioni di Arduino, (conosciuti come Arduini o Scorpioni), Pantera Nera, I Mercenari, I Credendari.  Ogni squadra opera su un certo territorio della città e si contraddistingue dalle altre per la divisa dei suoi componenti (colori e simboli diversi, da squadra a squadra). Gli aranceri a piedi, senza maschera a difesa del volto durante la battaglia, combattono contro gli aranceri posti sui carri trainati da cavalli. Gli aranceri sui carri da getto sono oltre 500 e si presentano per la battaglia suddivisi sui 34 carri tirati da pariglie e su 11 carri trainati da tiri a quattro. Gli aranceri sui carri portano sul viso una maschera di cuoio ed hanno imbottiture sotto le divise, per contenere i danni causati da migliaia di arance scagliate contro di loro, durante la cavalleresca battaglia contro gli arancieri a piedi… Oggi la presenza degli aranceri è affermazione rituale piena di valori “eversivi” del Carnevale, e non è teatro o spettacolo , cioè rappresentazione, come il corteo ufficiale che opera per multiple mediazioni simboliche la proiezione del senso tradizionale del Carnevale…